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Sangue freddo

sangue freddo

Stressed
Nonostante si chiamino “piccoli incidenti”, nonostante le ferite e i traumi che provocano siano di lieve entità, ci sono un sacco di genitori che non riescono a gestire il fatto che il proprio figlio si faccia male in qualche modo. Ho visto genitori normalmente coraggiosissimi, che ogni giorno fanno fronte ad un sacco di problemi, affrontano la vita e le sue sfide con calma e competenza ammirevole, sgretolarsi di fronte a qualche piccola goccia di sangue dei propri figli.

Si va dalle lacrime disperate (dei genitori, mica dei figli!) alle crisi di panico, alle urla stile sceneggiata napoletana, fino ad arrivare all’incapacità di fare qualsiasi cosa limitandosi a stare lì ad osservare stupidamente la situazione…

C’è bisogno di sottolineare che questo tipo di comportamento può essere sicuramente migliorato? Va proprio detto che il fatto che un genitore perda la calma e si faccia prendere dal panico di fronte ai figli significa che sta facendo di tutto tranne che tranquillizzarli?

Il ruolo del genitore, in casi come questi, è quello di “prendere in mano” la situazione, di far capire al figlio che “ora ci pensa lui” a gestire questa cosa e che lo farà con competenza e con efficienza.

La prima cosa da fare sarebbe di accordarsi tra genitori, dividendosi i compiti: ad esempio se il padre non ha problemi con la vista del sangue ma non sopporta vedere gente che vomita altrimenti si sente male e per la moglie invece è il contrario, a seconda del problema si sa chi deve intervenire! Ovviamente si parla di persone adulte, quindi se in caso di incidente “sanguinolento” c’è il genitore sbagliato, questo deve farsi forza e intervenire lo stesso.

Quando il piccolo si fa male, la prima cosa che arriva è lo spavento. Non il dolore o la vista del sangue o le ossa rotte: lo spavento. Non a caso i primi interventi “seri” di pronto soccorso tendono ad intervenire prevalemtemente sullo shock. Se manteniamo il sangue freddo e cerchiamo di calmare e rassicurare il bambino tutto sarà più facile, anche di fronte ad una cosa piuttosto grave come un osso rotto o una ferita particolarmente sanguinante.

Ecco allora che possiamo usare, soprattutto se il bambino è piuttosto piccolo, frasi che tendano a “sviare” l’attenzione dalla ferita: “accidenti, hai fatto un bel buco nel pavimento!”, “ma che bel colore rosso ha il tuo sangue, si vede che sei un bambino forte!” e cose del genere. In questo modo il piccolo si astrae un po’ dall’immedato e porta l’attenzione al di fuori si se stesso, magari anche con un pizzico di orgoglio (sono prorio forte se ho bucato il pavimento). Ovviamente eviteremo di usare i “non”: “non ti spaventare”, “non piangere”, eccetera, altrimenti peggioriamo la situazione.

In questo modo, ristabilita la calma, il piccolo sarà più propenso a collaborare anche se dovremo fargli un po’ male.

Se la ferita è sporca allora cerchiamo di pulirla, senza fare più male del necessario al bambino ma evitando la sindrome del “medico pietoso”. Se chiediamo al bambino collaborazione e lo avvertiamo di quello che gli succederà senza allarmarlo, tutto sarà più facile: “questo ti potrebbe bruciare un po’ ma so che saprai sopportarlo” (comandi nascosti nella frase), “ora ti metto un bel cerotto che potrai mostrare ai tuoi amici, così teniamo pulita la ferita, stai bello fermo così viene bene” (comando nascosto e in più piccolo colpetto alla sua vanità per indicargli un “trofeo” da far vedere per mostrare quando è stato coraggioso).

Attenzione, nessuno dice che bisogna sottovalutare il problema. Se la ferita è troppo grande per poterla curare da soli, se c’è un osso rotto che necessita l’intervento del dottore o il trasporto in ospedale, questo va affrontato, ma sempre mantenendo la calma e tranquillizzando il piccolo avvertendolo di quello che succederà: “Ora portiamo questa ferita a far vedere dal dottore, chissà che cerotto grande ci metterà sopra!”; “Tra poco ci facciamo un viaggetto su una bella ambulanza, poi lo raccontiamo a tutti i tuoi amici, vero?”.

Ovviamente non è facile. Quando il nostro bambino soffre è difficile rimanere tranquilli calmi e sorridenti. Però dobbiamo renderci conto che per noi è impossibile impedirgli di  soffrire per quello che si è fatto perché le ferite, i lividi e i traumi sono cose reali. Però, pensandoci bene, perché dobbiamo farli soffrire per la paura e la preoccupazione che avranno se vedranno i genitori piangere o disperarsi, che sono soltanto sensazioni soggettive?

Quindi, calma e sangue freddo!


Immagine: “Stressed di courosa, su Flickr”

Laureato in risultati (ma anche in Matematica con indirizzo Informatico alla Sapienza di Roma), attualmente coltivo la mia passione per l'informatica facendo l'IT Manager presso un broadcaster televisivo nazionale e parallelamente mi diverto a scrivere.

Fin dagli anni 90 mi sono interessato di PNL leggendo quasi tutti i libri pubblicati nel settore. Nel 2003 ho finalmente completato il percorso formativo di NLP Master Pratictioneer studiando con Alessio Roberti e Claudio Belotti e da allora ho continuato a studiare e ad imparare come applicare queste tecniche nella vita di tutti i giorni.
Dopo numerose esperienze negli anni come formatore, anche nel campo della scuola pubblica e in corsi presso la Regione Lazio, mi sono reso conto che mi piaceva "insegnare" alle persone, non soltanto la materia ma anche come "farsela piacere" e che di solito questo mi riusciva bene! Da qui il nuovo interesse per la scienza dell'educazione, applicata alle tecniche di PNL.
Nel 2011 ho pubblicato con Bruno Editore l'ebook "Diventare papà" in cui ho raccolto consigli, trucchi e suggerimenti per i poveri papà in erba, ignorati dalla manualistica tradizionale, di solito orientata a produrre libri dedicati esclusivamente alle mamme.
Il mio motto è una frase di Yoda (Star Wars): "C'è FARE e NON FARE, non c'è PROVARE!"