Modo di dire nato negli anni ’60, quelli del boom economico, della fioritura di tante imprese industriali. Quelli in cui il divorzio era solo una vaga e agognata speranza di tante mogli e lo spauracchio invece di tante madri inorridite all’idea che il merlo che aveva sposato la figlia la potesse lasciare. Quelli in cui gli appartamenti venivano costruiti in abbondanza, con ampi corridoi e saloni per ricevere, a scapito delle dimensioni delle altre stanze, appartamenti che avevano il “salotto buono” per gli ospiti in cui mettere in bella mostra l’argenteria.
Quelli in cui apparire e mostrare era ancora più importante di oggi. Quelli in cui le mogli non lavoravano fuori casa e avevano la governante, o la donna a mezzo servizio, per aiutarle a gestire la casa ed i figli.
Era usanza, per gli industriali e i nuovi ricchi delle grandi città, mandare moglie e figli in vacanza al mare per tutto il mese d’agosto e raggiungerli, a volte, nel weekend. Come dire, l’agognata “ora d’aria”, un mese di libertà all’anno per i mariti e le mogli, stanchi della routine del matrimonio e della crisi di coppia. Un mese per sognare, per tornare a sentirsi desiderate e, per i mariti, desiderare conferme del proprio fascino, del proprio potere di seduzione sulle donne. L’ amore per il coniuge non era messo in discussione: restava in un angolo del primo cassetto del comò insieme ai gioielli di famiglia.
La cinematografia italiana mostra molti esempi di tali situazioni durante le vacanze: tradimenti, giochi di coppie, commedie degli equivoci, tentativi di scappatelle non consumate a causa dell’arrivo inaspettato ed indesiderato del coniuge, che faceva scappare l’amante dal balcone mentre la moglie, quasi colta sul fatto, esclamava turbata: “Cielo, mio marito!”
Moglie che comunque stava al gioco dei seduttori locali che aspettavano ansiosi, pregustandolo durante tutto l’ anno, l’arrivo di agosto e delle belle signore. La presenza dei figli non era un ostacolo, anche senza le aree di gioco con animatori, i bambini potevano essere lasciati da soli o insieme alla famiglia di un’amica compiacente.
Era un gioco, un sogno da mettere in valigia con il costume da bagno, la seduzione, il corteggiamento, il tradimento, la scappatella, come fosse compreso nel pacchetto della vacanza, sapendo che sarebbe stato solo un innocente svago che non avrebbe minimamente intaccato il sacro vincolo del matrimonio e la famiglia.
Ora che tira aria di crisi, quest’abitudine deve sottostare alle regole dell’ economia, perciò il marito non manda più moglie e bambini in albergo o pensione, ma in campeggio. Conoscevo una bella signora che trascorreva al mare tutto il mese d’agosto con le sue bambine. Il marito restava al caldo nell’afosa città del nord a lavorare, e le raggiungeva nei weekend. La bella signora, che si dichiarava stufa della propria vita matrimoniale, durante la settimana frequentava lo stabilimento balneare con le bambine e, tirata a balestra, faceva gli onori di casa alle cene a fianco di un bell’uomo, scapolo e molto disponibile, frequentatore storico dello stabilimento stesso. Per poi tornare moglie affettuosa del proprio marito quando lui scendeva al mare per il weekend o il Ferragosto.
Ricordo il commento di un amico comune: “La bella signora si diverte facendo la moglie del nostro amico scapolo, almeno lei un mese all’anno vive”. Per lei quel mese d’agosto passato al mare era la botta di vita degna di essere attesa, preparata e pregustata per il resto dell’anno in cui il ricordo dell’estate appena trascorsa sarebbe incominciato a sbiadire. E chissà se dentro di sé si ripeteva: “Agosto, marito mio non ti conosco!”
Immagine: there’s another man in our life.. di federico.ricci, su Flickr