Inquinamento, stress, stanchezza, eccesso di competizione, problemi del Mondo moderno, che con sempre maggiore difficoltà riusciamo ad affrontare, anche perché abbiamo perso il contatto con la dimensione spirituale dalla nostra vita, con la nostra essenza più profonda, il contatto con le forze trascendentali.
Attenzione: spiritualità e religione non sono sempre dei sinonimi, perché anche le persone non credenti in alcuna forma di religione reclamano la loro spiritualità, magari attraverso percorsi filosofico-meditativi che li accompagnano singolarmente, o all’interno di un gruppo, come può essere quello di una famiglia. La spiritualità in quest’ultimo caso può essere abbracciata come un modo di essere nella nostra vita, che ad esempio evidenzi uno scarso attaccamento alle cose materiali.
La differenza principale tra religione e spiritualità intesa al di fuori di un credo religioso, sta nel fatto che la prima cerca il contatto e la Verità in qualcosa di superiore a noi (Dio), mentre la seconda diventa più personale, attraverso un percorso che intende riscoprire qualcosa di Assoluto e Rivelatore già presente dentro di noi. Percorsi spirituali quindi diversi a seconda della persona.
Questa distinzione generale (dove non diventa estrema come ad esempio nel caso della New Age) non tragga in inganno però, perché spesso religione e spiritualità sono due facce della stessa medaglia, due strade parallele, che vanno attraversate entrambe nello stesso percorso di crescita personale verso la felicità.
La spiritualità è un aspetto della nostra vita che va coltivato, per raggiungere l’obiettivo finale della piena consapevolezza o pace interiore. Non lasciatevi intimorire, non sono un folle esaltato che vuole dispensare pillole di saggezza, ma solo invitarvi, ognuno secondo le forme e le tempistiche più adatte al proprio io, a riflettere sul fatto che, le difficoltà che incontriamo nella nostra vita possono essere affrontare con maggiore leggerezza, se entriamo nell’ottica, anzi no, se riusciamo a sentire dentro di noi (consapevolezza intesa come sentimento e non come presa di coscienza razionale) che il tutto è racchiuso in qualcosa di molto più grande, e che quindi la felicità o meno è un concetto estraneo ai singoli episodi materiali della nostra vita, seppur fantastici o tristi che siano.
La mia esperienza ad esempio, sta nel fatto che grazie al contatto con Dio, mutuato attraverso gli insegnamenti della religione cattolica, ma vissuti in maniera spontanea e diretta nella mia quotidianità, ho visto modificare il mio atteggiamento e la mia reazione nei confronti di eventi spiacevoli, che in precedenza mi avrebbero devastato.
Non gli eventi della nostra vita, ma il modo di affrontarli, di viverli, d’interpretarli regalano un senso alle nostre esistenze, senso che possiamo cogliere avvicinandoci al contatto con l’Assoluto, interpretato da Dio o da noi stessi, a seconda della scelta religiosa o spirituale che sentiremo con cuore e testa d’intraprendere. Di certo però quello che non possiamo fare è continuare a relazionarci esclusivamente con la realtà materiale che ci circonda, che neanche sfiora o è in grado di comunicarci il significato più profondo della nostra persona.
Una lettura che vi posso consigliare per comprendere fino in fondo l’importanza di questo percorso? “Il Mito della Caverna” di Platone. Testo antico, ma quanto di più esplicativo esista in circolazione!
Immagine: Spiritual Life di Malosky, su Flickr