Quando si parla di educazione in generale bisogna sapere come “farsi obbedire” dall’oggetto del nostro lavoro educativo. Si tratti di un bambino, di un’aula di scuola, del pubblico di un corso di formazione, abbiamo bisogno che ci prendano sul serio, altrimenti come facciamo ad avere successo nel nostro lavoro?

 

Autorità e autorevolezza nell’educazione: come riconoscerle

Attingendo ai nostri ricordi di scuola, ci sarà capitato di avere professori che tenevano la classe in pugno facendo leva sul terrore: non volava una mosca, tutti stavano immobili e attenti, però pochi o addirittura nessuno, amava quella materia, nessuno la studiava con vera passione. Altri professori invece non erano in grado di gestire la classe: mormorii, chiacchiere, oggetti lanciati tra i banchi. Anche se il professore si arrabbiava nessuno sembrava preoccuparsene veramente.

Invece solo pochi fortunati hanno avuto il privilegio di poter ascoltare qualche professore illuminato che parlava piano e tranquillamente, non si arrabbiava mai e non urlava, però durante le sue lezioni il silenzio e l’attenzione erano al massimo e tutti studiavano con piacere quella materia.

Il primo è un esempio di utilizzo di “autorità”: io ti terrorizzo e tu mi ascolti e fai quello che ti dico solo perché hai paura della mia possibile reazione. C’è bisogno di dire che nel campo dell’educazione questo sistema ha risultati scadenti? Se i miei figli (tanto per dirne una) non fumano perché hanno paura delle punizioni che io possa dare loro, cosa pensate che faranno una volta lontani?

Il secondo è un esempio della mancanza di entrambe. Mi fa pensare a quei genitori che minacciano continuamente punizioni che poi non danno veramente, oppure che – in caso di problemi – chiamano in soccorso l’altro (o addirittura dicono di volerlo fare: “guarda che chiamo mamma/papà, così ti fa vedere!”). Che tipo di obbedienza possono aspettarsi dai loro figli?

L’autorevolezza è un’altra cosa. Quello che dite con autorità funziona solo fino a quando potete mettere in atto la vostra repressione, quello che dite con autorevolezza convince, guida e resiste nel tempo. La persona a cui è destinato il messaggio fa quello che gli avete detto perché vuole farlo e non perché è costretta.

 

Autorevolezza dei genitori verso i figli 

Ma come si ottiene l’autorevolezza nei confronti dei nostri figli? Chiaramente,  farlo come si deve è un lavoro lungo che va fatto nel tempo, ma dato che loro ci vogliono bene nonostante i nostri difetti, anche un genitore che adesso non può vantare poprio di essere autorevole, cambiando il suo operato nel verso giusto può acquisirne in quantità sufficiente.

Come prima cosa dobbiamo metterci in testa che si deve parlare sempre con cognizione di causa. Quello che diciamo ad un bambino deve essere sempre la verità e il bambino deve saperlo. Questo significa che dovremmo evitare le minacce del tipo “ti ammazzo”, “te stacco le braccia e te ce meno!” (fonte Enrico Brignano) chiaramente irrealizzabili. Se minacciate qualcosa siate consapevoli che dovete poter portare a termine quello che dite e se serve dovete farlo veramente! Analogamente vanno evitate le promesse non mantenibili, anche piccole: se sappiamo che il pomeriggio lavoriamo, allora perché promettere al piccolo che se adesso fa il bravo, dopo pranzo lo portiamo alle giostre o al cinema? Tutto questo sminuisce la fiducia del piccolo nei confronti del genitore, facendogli pensare che:

  1. Se il genitore  promette qualcosa poi non è detto che la mantenga (quindi perché fare i bravi?)
  2. Se il piccolo si comporta male non è detto che poi venga punito (ancora di più, perché fare i bravi?)

Altra cosa. Chi ha familiarità nell’induzione di stati di trance sa che, per incominciare a farlo, vanno dette delle “verità” che il soggetto riconosce come oggettive: “mentre sei qui in questa stanza, mentre sei seduto su quella sedia, mentre respiri profondamente, cominci a rilassarti e quando te lo senti puoi provare a chiudere gli occhi…”. Questo si fa per instillare fiducia nel soggetto e indurlo ad accettare il comando di rilassarsi, chiudere gli occhi e i successivi. Nel bambino si fa affermando cose ovvie: “stai fermo mentre ti cambio” (e lo tenete saldamente quindi non si può muovere), “dammi la mano quando attraversiamo” (e prima l’avete già presa e la tenete ben salda), mettiti qui nel lettino (mentre ce lo mettete). Questo contribuisce a formare in lui la convinzione che quando parlate, quello che dite “è sempre la verità”.

 

L’uso della paura è contrario all’autorevolezza 

Infine, evitate di spaventare i vostri figli con spauracchi più o meno fantasiosi: l’uomo nero, il diavolo, il babau o, peggio ancora, il dottore! Innanzitutto prima o poi capiranno che (a parte l’ultimo) non esistono e a questo punto scenderete nella loro stima, senza contare che poi faranno il diavolo a quattro quando li porterete veramente dal dottore. Meglio che abbia timore di deludere le vostre aspettative piuttosto che di un personaggio di fantasia.

In questo modo inizierete a tessere una relazione solida con i vostri figli, una relazione basata sulla fiducia e sulla stima reciproca, in grado anche di reggere a qualche piccola crisi. Un giorno, quando i figli saranno cresciuti e faranno qualcosa di quello che voi avete insegnato loro, proprio perché si sono fidati di quanto avete insegnato loro, sarete ripagati ampiamente di tutte le fatiche.

 

Francesco De Menna

Laureato in risultati (ma anche in Matematica con indirizzo Informatico alla Sapienza di Roma), attualmente coltivo la mia passione per l'informatica facendo l'IT Manager presso un broadcaster televisivo nazionale e parallelamente mi diverto a scrivere.

Fin dagli anni 90 mi sono interessato di PNL leggendo quasi tutti i libri pubblicati nel settore. Nel 2003 ho finalmente completato il percorso formativo di NLP Master Pratictioneer studiando con Alessio Roberti e Claudio Belotti e da allora ho continuato a studiare e ad imparare come applicare queste tecniche nella vita di tutti i giorni.
Dopo numerose esperienze negli anni come formatore, anche nel campo della scuola pubblica e in corsi presso la Regione Lazio, mi sono reso conto che mi piaceva "insegnare" alle persone, non soltanto la materia ma anche come "farsela piacere" e che di solito questo mi riusciva bene! Da qui il nuovo interesse per la scienza dell'educazione, applicata alle tecniche di PNL.
Nel 2011 ho pubblicato con Bruno Editore l'ebook "Diventare papà" in cui ho raccolto consigli, trucchi e suggerimenti per i poveri papà in erba, ignorati dalla manualistica tradizionale, di solito orientata a produrre libri dedicati esclusivamente alle mamme.
Il mio motto è una frase di Yoda (Star Wars): "C'è FARE e NON FARE, non c'è PROVARE!"