La percezione dell’amore quando si manifesta, blocca la capacità razionale.
Quando siamo innamorati non ragioniamo più o meglio cambiamo le nostre modalità di ragionamento.
Il colpo di fulmine può stravolgere la nostra vita.
Che cosa è di fatto, la percezione dell’amore?
Il momento in cui il discorso amoroso cade come un fulmine dal ciel sereno è come un candido rapace che piomba nella ovvietà delle nostre giornate; o anche quello in cui uno tsunami irrompe, tormentando i fragili diagrammi delle porte del cuore. In quel momento un bacio trattenuto, mai domo di offrirsi, allarga il desiderio della congiunzione eterna, rimanda ad un archetipo di intramontabile legame di felicità e di progetti. Sì, un amore vitale deve essere sgrammaticato perché non desidera più coniugare solo al futuro, non si duole per ciò che fu, ha parole e destino solo per il qui ed ora, e li vuole scrivere per sempre. Lo sguardo dell’amore ruba la luce dell’amato, è come un ladro senza volto, perché si nutre di penombra per evocare nuovi fantasmi, gioca a carte coperte, scopre l’inconoscibile, l’inimmaginabile, la visione di cadere nel canyon della storia di un inatteso incontro.
Cos’è, dunque, la sottile percezione dell’amore?
Esso trova la luce, e le sue accecanti ombre, quando si alimenta della sensazione, irripetibile, di essere unici uno per l’altro, ed è qualcosa che di solito ci trova irresistibilmente impreparati.
Sentiamo che tutto il nostro essere trova risposta e congiunzione con l’esistenza dell’altro, vengono espresse e illuminati aspetti celati della nostra personalità, trovano esaltazione nuove energie e nuove sensazioni. Ci sentiamo attraversati, privi di ogni resistenza, da una sensazione assoluta in cui tempo e conoscenza si piegano alla chiamata di un’anima che ti riconosce, tra mille volti e che porta con sé la scia del brivido che profuma di eternità.
È come cercare l’unicità, ciò che completa, ciò che ci avvicina alla sensazione di perfezione, di totalità, di sempiterna appartenenza.
Nasce allora l’esigenza della domanda, di un’anima oramai cinta da un magma vulcanico, neanche la forza del pensiero e della ragione offrono supporto alle dinamiche esplosive di quel volto, piombato come un falco dal tempo sacro, per rubare, senza permesso, dubbi al nostro lungo silenzio. Tra tante stelle, miriadi, i suoi occhi si posano solo su una di queste, per voltare gli occhi al cielo e rinascere nel cuore dell’Amore. Non ci sono molte parole, figure, per descriverlo questo amore: a volte lo abbiamo analizzato, dissezionato, razionalizzato. Esso, invece, è come un nuova vita, embronaria, nata lì per caso, per un incontro impreciso, senza legame o rendez-vous: nasce vitale, energetico, chiamato dal nulla, basta uno sguardo ladro, furtivo, che riporta alla memoria un tempo immemore trascorso in solitudine, e allora si comprende ogni cosa, senza reticenze.
“Ti ho sempre avuto con me, quando ti ho incontrato, ti ho salutato al tuo venire, come si fa con un vecchio amico, da sempre conosciuto”. Questo è il volto innominabile dell’amore: un volto, sconosciuto al presente, ma celato gelosamente nella memoria del cuore e dell’oscuro destino, oltre le porte del Tempo.