Che cosa significa “essere consapevoli?” C’è una differenza tra essere a conoscenza di qualcosa, sapere qualcosa, e averne consapevolezza? L’invito “Conosci te stesso” che tipo di conoscenza intende? Che cos’è la consapevolezza?
Nel linguaggio comune spesso utilizziamo termini quali consapevolezza, conoscenza, coscienza, come sinonimi, a causa dell’identificazione con la mente condizionata, e la scarsa dimestichezza con le realtà interiori. Nell’era che si sta concludendo, la razza umana ha portato lo sviluppo della mente razionale a tal punto, da renderla facoltà sovrana di ogni aspetto del vivere. Ma qui ci stiamo muovendo verso il riconnetterci a qualcosa di più profondo ed essenziale, di più autentico e appagante, qualcosa che sappiamo che può aprirci nuove opportunità di sviluppo del nostro potenziale. E per procedere nella direzione che ci siamo prefissi, è necessario cominciare a operare delle distinzioni. Una di queste è discernere tra mente e consapevolezza.
Osservando noi stessi con l’aiuto della meditazione, che come abbiamo visto ci permette di essere più attenti e vigili, scopriremo di esistere a più livelli.
Un livello più superficiale riguarda i pensieri che vanno e vengono, e si muovono nella dualità: riguardano il passato o il futuro, oppure si alternano sotto forma di dialogo, come se all’interno di noi ci fossero più persone, e in effetti si tratta di personalità, veri e propri personaggi che continuamente dicono la loro, come ci trovassimo in un bar o alla piazza del mercato.
Qui esistiamo a livello della mente condizionata, talvolta giudichiamo superficiali le persone che si muovono prevalentemente su questo livello, ma la sfida maggiore consiste nell’accorgerci di quando noi stessi ci identifichiamo con questo chiacchiericcio, fermandoci lì e impedendoci così di spingerci più in profondità in noi stessi, dove dimora la consapevolezza.
L’osservazione ancora una volta ci viene in aiuto, poiché ancorandomi al corpo e alle sensazioni, mi accorgo che quando do credito al livello superficiale, produco tensioni, vado in stress, e non sono contento di me. Osservare tutto ciò, crea in me uno stacco: non sono più fuso con la mente chiacchierona, non prendo più per buono tutto ciò che mi propina, ma sto a guardare come fosse un film, sono uno spettatore e non più un attore del film.
Questo atto, automaticamente mi porta al livello di esistenza più profondo: il livello della consapevolezza. Guardare la mente condizionata con tutti i suoi scenari, senza coinvolgermi, senza né comprare i suoi prodotti, né cercare di scacciarli o modificarli, mi consente di aprire la porta che conduce a me stesso, e entrare nel mio spazio interiore: non sono più trascinato a destra e a manca dai pensieri e dalle personalità, ma riesco a stare fermo, a sostare in questo spazio, dove improvvisamente mi trovo a mio agio finalmente! E’ lo spazio della consapevolezza.
Da questo spazio possono scaturire comprensioni che certamente si esplicano in noi utilizzando anche i linguaggi che conosciamo: parole, suoni, sapori…., veicolano allora un nuovo tipo di conoscenza, hanno una qualità nuova, fresca, viva: ci stiamo dissetando alla sorgente del nostro essere, dove ogni cosa viene purificata e riconosciuta parte di qualcosa di più ampio e universale, che vibra in noi costantemente, non cessa mai di esistere, ed è la fonte della nostra felicità e della nostra crescita: la consapevolezza.
Non si tratta dunque di scacciare la mente come fosse una nemica: la avvertiamo tale quando non riusciamo a osservarla, ma ce ne facciamo coinvolgere, arrestandoci al livello più superficiale, e allora erroneamente pretendiamo di lenire il nostro disagio combattendola, ma ciò ci blocca ancor più. Avanti di quel passo, ci allontaniamo dalla consapevolezza anziché avvicinarci.
L’osservazione, invece, è lo strumento giusto per ristabilire l’equilibrio, aprire un varco, condurci dentro di noi, rilassarci e diventare ricettivi ad accogliere quel qualcosa di nuovo che solo lo stare nel momento presente può darci. Tale processo rafforza la nostra consapevolezza, che può allora esser definita non tanto una facoltà o funzione -come accade per la mente- ma uno spazio di presenza all’interno di noi stessi.
Immagine:Roaring River di quinet, su Flickr