here we go again...

Parliamoci chiaramente: se vostro figlio non ha mai fatto capricci, mai pianto per avere un giocattolo mentre eravate in giro per spese, mai frignato per rimanere alzato un po’ di più o per qualsiasi altro motivo, allora ci sono solo tre possibilità:

  1. È un santo;
  2. Non ha bisogno di farli perché voi scattate ad ogni sua piccola mossa per anticiparlo;
  3. È stato scambiato dagli alieni.

Scherzi a parte, il fatto che un bambino faccia un po’ di storie è assolutamente normale, e i motivi possono essere molti.

A volte il bambino sta solo cercando di avere un po’ di attenzione. Nella vita odierna è abbastanza comune che i genitori lavorino entrambi, magari con orari di ufficio piuttosto lunghi e il piccolo viene spesso sballottato tra asilo, nonni e baby-sitter e riesce a vedere i genitori solo per poco tempo, la sera, quando tutti sono stanchi e non vedono l’ora di andare a dormire.

Gli adulti a volte non si rendono conto che ai figli non importa un bel niente avere tanti giocattoli, la macchina nuova, vestiti firmati e una grande televisione in casa, se per avere questo devono rinunciare a vedere i propri genitori. A lungo andare il bambino comincia a soffrire di questa mancanza, quindi comincia a “piantare grane” perché scopre che in questo modo, anche se viene sgridato o messo in punizione, almeno riesce ad avere l’attenzione dei genitori su di lui, invece di essere ignorato e trattato come “qualcosa da sistemare”.

Se vi riconoscete in questa situazione, per rimediare vi basta un po’ di sacrificio: invece di accendere la tv o prendere il giornale, anche se siete stanchi, quando tornate dal lavoro giocate un po’ con i vostri figli, parlate con loro e mostratevi interessati a quello che avranno da dirvi. Presi nel vortice della vita, troppo spesso le persone non si accorgono che i figli crescono. Si dicono, tutti i giorni: “domani lo farò”, “quando avrò un po’ di tempo giocherò con lui”, “oggi sono troppo stanco, domani è lo stesso”. Intanto il tempo passa. Il piccolo si abitua a non fare affidamento sui genitori, impara a giocare da solo, impara a trovare altri a cui raccontare i propri sogni e le proprie paure. Quando i genitori si accorgeranno di questo, potrebbe essere troppo tardi. Il bambino piccolo che li cercava tutte le sere nel frattempo è diventato un adolescente, forse un “adolescente problematico” e la sera vuole uscire con i suoi amici, e “domani lo farò” non serve più a nessuno.

A volte il piccolo fa i capricci perché non riesce a trovare il modo di dirvi qualcosa, oppure perché voi proprio non lo ascoltate. Quando la mattina è un po’ tardi e voi dovete andare in ufficio e bisogna proprio uscire altrimenti si fa tardi a scuola, di solito quello è un buon momento per i capricci. Può darsi che non voglia vestirsi, non voglia fare colazione, oppure addirittura che non voglia uscire di casa. Di solito in questi casi si perde la pazienza, qualche urlaccio, un po’ di sane sgridate e si esce lo stesso in tempo, magari trascinando il bambino che piange fino all’automobile.

Consiglio strategico: questo non è un buon sistema. Innanzitutto si comincia la giornata male, ci si lascia tutti arrabbiati, dopo un periodo in cui è vero che si è stati insieme ma non proprio del tutto (durante la notte di solito si dorme…) e per un periodo di distacco ancora più lungo, visto che spesso rivedrete il piccolo soltanto la sera. Giorno dopo giorno questo avvelena i rapporti, spesso diventando un vero e proprio “stile di vita”. Ecco che allora il momento del risveglio diventa un altro incubo da aggiungere alle cose brutte della vita…

In questi casi, a costo di fare tardi in ufficio o a scuola, cercate di capire cosa vuole vostro figlio. A volte sono cose piccole, che a voi non costano niente: scegliere da solo i vestiti, prepararsi la colazione o la merenda in autonomia (ricordate che i bambini crescono ogni giorno e ogni giorno un po’ di più vogliono imparare a fare qualcosa da soli. Lasciateglielo fare), parlare un po’ con voi la mattina mentre andate a scuola. A volte non vogliono lasciarvi. Sembra un paradosso, piangere e strillare tutte le mattine, sbattersi a terra, farvi arrabbiare come matti e per quale motivo? Perché vi vogliono bene e vogliono stare con voi! In questo caso negoziate: cercate di spiegargli che il vostro capo vi sgriderà se continuate a fare tardi tutte le mattine. Che se lui vi dà una mano ad arrivare puntuali voi in cambio potete uscire un po’ prima la sera e tornare per giocare con lui (ricordate però di farlo veramente!). Usate il linguaggio a vostro favore: “mentre andiamo a scuola possiamo decidere insieme cosa fare quando torneremo a casa”, “appena arrivato a scuola pensa se preferisci andare al parco o a fare una passeggiata insieme quando verrò a riprenderti” e cose simili. Dire “mentre andiamo a scuola” presuppone che a scuola ci si va, e il fatto di poter scegliere qualcosa da fare insieme (anche se limitato nelle scelte) darà al piccolo la soddisfazione di sapere che può decidere qualcosa anche lui.

Fin qui abbiamo apparentemente “accontentato” il bambino che fa i capricci. Dove è finita la disciplina? Dove sono le regole? Beh, nei casi descritti in realtà il bambino aveva ragione a fare il piantagrane, dato che la situazione era il risultato di una mancanza da parte dei genitori. Altra storia sono i capricci “gratuiti”: piangere e strepitare, di solito in mezzo alla gente, per avere un giocattolo o un dolce che non dovrebbe avere o che non potete comprare. Urlare e sbattersi per terra per ottenere qualcosa che una regola o una punizione impedisce di avere. Prendere a calci cose e persone per fare qualcosa che voi avevate proibito al piccolo di fare.

In questi casi siate irremovibili. Se cederete ai capricci, anche solo poche volte, sappiate che il piccolo mostro imparerà ad “alzare l’asticella”: ogni volta sarà sempre peggio, anche perché voi vi abituerete ai suoi strilli e lui dovrà inventarsene di nuovi e più efficienti. Un bambino che vede accontentato ogni suo capriccio non è un bambino felice: innanzitutto per ottenere qualcosa deve fare molta fatica; inoltre, a forza di sentirli, i genitori ci fanno l’abitudine e il piccolo verrà ignorato nei suoi sforzi fino a che non riuscirà a superare la “soglia di attenzione” dei genitori.

A volte occorre faccia tosta e sangue freddo per riuscire: se il bambino fa leva sul fatto che in pubblico i suoi strilli vi imbarazzano e pur di farlo smettere siete disposti a cedere, imparate a ignorare la gente. Sappiate che un genitore debole che cede alle richieste del figlio per “paura di fare brutta figura” viene giudicato, dalla gente, in maniera peggiore rispetto ad uno che invece si comporta in maniera autorevole. Se si fa prendere una crisi isterica e comincia a sbattersi per terra e a “dare di matto” alzatevi e andatevene: la mancanza del pubblico a cui era dedicata questa rappresentazione la farà cessare immediatamente. Se piange troppo a lungo, un trucco efficace è quello di accompagnarlo, con gentilezza, in un posto appartato dicendogli: “qui non si può piangere, ma se ci tieni tanto ecco che ti porto in un posto adatto. Qui puoi piangere quanto vuoi, poi quando hai finito torna da me, io ti aspetto”: sappiate che non c’è assolutamente gusto a piangere da soli in un posto lontano dalle “luci della ribalta” e dopo pochissimo ecco che la crisi di pianto se ne va.

Come tutte le cose però occorre oculatezza e misura, come sempre gli eccessi fanno male. Troppa severità produrrà un bambino infelice e frustrato, che da grande potrebbe ricercare tutte quelle cose che da piccolo gli sono state negate. Troppo poca farà di vostro figlio una persona incapace di apprezzare le cose che ottiene, forse un debole che non riesce a cavarsela da solo perché mamma e papà erano sempre pronti a fornirgli tutto quello che desiderava.

D’altra parte, per caso, pensavate che fare il genitore fosse facile?

 

Francesco De Menna
Immagine: “here we go again… di loungerie, su Flickr”

Laureato in risultati (ma anche in Matematica con indirizzo Informatico alla Sapienza di Roma), attualmente coltivo la mia passione per l'informatica facendo l'IT Manager presso un broadcaster televisivo nazionale e parallelamente mi diverto a scrivere.

Fin dagli anni 90 mi sono interessato di PNL leggendo quasi tutti i libri pubblicati nel settore. Nel 2003 ho finalmente completato il percorso formativo di NLP Master Pratictioneer studiando con Alessio Roberti e Claudio Belotti e da allora ho continuato a studiare e ad imparare come applicare queste tecniche nella vita di tutti i giorni.
Dopo numerose esperienze negli anni come formatore, anche nel campo della scuola pubblica e in corsi presso la Regione Lazio, mi sono reso conto che mi piaceva "insegnare" alle persone, non soltanto la materia ma anche come "farsela piacere" e che di solito questo mi riusciva bene! Da qui il nuovo interesse per la scienza dell'educazione, applicata alle tecniche di PNL.
Nel 2011 ho pubblicato con Bruno Editore l'ebook "Diventare papà" in cui ho raccolto consigli, trucchi e suggerimenti per i poveri papà in erba, ignorati dalla manualistica tradizionale, di solito orientata a produrre libri dedicati esclusivamente alle mamme.
Il mio motto è una frase di Yoda (Star Wars): "C'è FARE e NON FARE, non c'è PROVARE!"