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La pagina di Ecletticamente dedicata agli articoli che parlano di consapevolezza

Conosci te stesso: le tue percezioni

percezioni individuali

Strawberry #2 (reworked)
Più continuiamo a dirigere l’attenzione verso noi stessi, più acquisiamo consapevolezza di quanti fenomeni accadono in noi. Qualora siamo attratti dal livello superficiale, siamo spettatori della moltitudine di pensieri che vanno e vengono.

Spingendoci più in profondità, notiamo che il corpo ci fornisce ogni istante sensazioni, percepite attraverso i cinque sensi.

La nostra attenzione può cogliere un fenomeno alla volta, pertanto è un costante stimolo ad essere pazienti se vogliamo conoscere noi stessi e accrescere la nostra consapevolezza. Con la meditazione, diventiamo sempre più sensibili e ricettivi, ossia in grado di ricevere una maggior quantità di input.

Da dove vengono le sensazioni? Scientificamente, sappiamo che gli organi sensoriali recepiscono gli stimoli dal mondo esterno e li trasmettono al sistema nervoso. E’ così che sentiamo, per esempio, l’acqua calda, il gusto salato, o un suono squillante……

Ma allora, qual è lo scopo, se ce n’è uno, di tale sentire? Che collegamento ha con noi stessi, con la nostra consapevolezza? Dove vanno a finire le esperienze sensoriali, una volta concluse?

Il sistema nervoso ha un’enorme capacità sia di ricevere dati, sia di elaborarli, sia di immagazzinarli: è il nostro bio-computer. Quando arriva un input, viene ricevuto e decodificato in base alla memoria che c’è in noi: sappiamo che stiamo gustando qualcosa di salato, perché in noi c’è la memoria del salato.

Ciò ha la funzione di farci apprendere: le nostre esperienze, elaborate all’interno di noi, formano una memoria, un punto di riferimento per esperienze successive e successive elaborazioni. Tutto ciò fa parte della crescita, dell’evoluzione della consapevolezza, sia in termini personali che collettivi.

Il discorso si complica però nel momento in cui la memoria fa da filtro, si sovrappone nel presente alle nostre sensazioni, distorcendole e impedendoci di fare esperienza della realtà così com’è. Ciò è causa di disconnessione in noi, crea un’illusione di separazione fra noi e le cose, allorchè manca la consapevolezza.

Per esempio, se ho gustato da piccolo una certa pietanza, mentre c’era un litigio in famiglia, la mia memoria ha immagazzinato questo collegamento, e forse sarò impedito nel gustare, da adulto, quella pietanza così com’è: il mio sistema in automatico mi farà scollegare dal corpo mentre la mangio, oppure mi fornirà una sensazione incompleta o distorta. E’ un meccanismo di difesa.

 

Come possiamo allora fidarci del corpo, delle sensazioni, se ciò che percepiamo non sempre è aderente al vero?

Non abbiamo altra strada che quella di diventare consapevoli.

La memoria è solo una banca-dati, ha la funzione di preservare le conoscenze frutto delle nostre esperienze.

Mentre la consapevolezza ci consente di renderci conto nel presente di che esperienza stiamo facendo: se siamo attenti, possiamo notare se siamo collegati al corpo mentre mangiamo quella pietanza, se vediamo che siamo catturati dai pensieri, possiamo accorgercene e tornare presenti alle sensazioni. In tal modo, facciamo un’opera di continua pulizia della memoria, nella quale tutto può, in ogni momento, essere riscritto, grazie alla nostra consapevolezza. Essa sola può distinguere fra ciò che è reale e ciò che è illusorio, restituendoci il senso di unità tra noi e le cose, tra noi e noi stessi.

Vivere ancorati al presente, al corpo, alle sensazioni, ci consente di decondizionare la mente dal passato, di aprirci a percezioni nuove, che saranno in tal modo sempre più aderenti all’esperienza del momento, e sempre meno influenzate dai filtri della memoria. Un aggiornamento consapevole della nostra banca-dati ci restituisce la libertà di vivere i successivi momenti per quelli che sono, e di cominciare a percepire la realtà così com’è. Ciò accade quando siamo pienamente connessi alla consapevolezza.

Allora, le sensazioni provenienti dai cinque sensi trovano la via per unificarsi in un solo senso interiore, che infatti viene definito nel linguaggio comune “sesto senso”: esso va oltre la semplice somma dei cinque sensi esterni, ed è in grado di avvertire fenomeni più sottili. E’ la percezione, il sentire dell’anima, della nostra consapevolezza.
Immagine: Strawberry #2 (reworked) di .craig, su Flickr

Conosci te stesso: la tua energia

percezioni individuali

Jeff Rowley Big Wave Surfer Barrel Jaws Peahi by Xvolution Media
Quando siamo stressati, scontenti e niente ci va bene, o quando scivoliamo nell’apatia e perdiamo il filo con noi stessi, e ci trasciniamo con la sensazione che non stiamo vivendo appieno, siamo soliti dire che abbiamo poca energia, che siamo “giù di energia”. Magari cerchiamo, attraverso tecniche energetiche, un “tonico” per l’anima, e ci rivolgiamo al facilitatore olistico in questi termini “ecco, dammi un po’ di energia”…. abbiamo consapevolezza che l’energia è un ingrediente essenziale della nostra vita e del nostra percorso.

 

Ma dov’è e che cos’è quest’energia?

Finchè vaghiamo qua e là a cercarla fuori di noi stessi, sia pure in contesti spirituali o olistici, siamo prigionieri dell’illusione che l’energia sia qualcosa che possiamo ottenere e che possa passare dal mondo esterno verso di noi, che ce ne sentiamo privi o scarsi. Questo è solo parzialmente vero. Un operatore olistico di nostra fiducia potrà solo stimolarci, attraverso opportuni interventi, a recuperare una risorsa che è già dentro di noi, solo ne abbiamo perduto la connessione. Grazie all’aiuto di un esperto, possiamo essere facilitati a accedere a tale risorsa più velocemente, ad acquisirne consapevolezza, e una volta acquisiti gli strumenti più idonei e tracciato il percorso, ci dovrebbe risultare poi più semplice procedere da soli, in modo da aiutare noi stessi in modo autonomo.

Tale dovrebbe essere la finalità di ogni percorso olistico: non renderci dipendenti da un periodico “rifornimento di energia”, ma fornirci tutto l’occorrente per imparare a reggerci sulle nostre gambe e farcela da soli. Diversamente, la qualità della nostra vita non avrà un miglioramento significativo, dato che, cessato l’effetto-rifornimento, ci ritroveremo più stanchi e demotivati di prima, qualora non si abbia consapevolezza di come mantenerci pieni d’energia, e come accrescerla.

Conosci te stesso: come ascoltarsi

percezioni individuali

elephant ears.
Come affinare la capacità di sentire, e di decifrare, di comprendere ciò che si sente? Come acquisire dimestichezza col linguaggio del corpo? Come acquisire più consapevolezza? Come stare in ascolto dei cinque sensi, evitando di sovrapporvi interpretazioni della mente?

Cominciamo con lo sviluppo dell’osservazione. Abbiamo messo noi stessi al centro della nostra attenzione! Molto bene…..l’energia segue l’attenzione. Dando attenzione a me stesso, non a ciò che penso, ma a ciò che sento, gradualmente rieduco tutto il mio sistema percettivo-sensoriale, e apro la strada a liberare la mia sensibilità autentica. Via via, acquisto maggior consapevolezza.

Stando attento a ciò che sento nel corpo, mi educo a stare con quello che c’è, ossia a cogliere ciò che accade in me nel momento presente.

Una tale pratica richiede disciplina, specialmente all’inizio, in quanto siamo abituati -non dimentichiamolo- a seguire la mente, la quale è programmata per portarci via dal presente, a farci pensare al passato o al futuro, a distrarci da ciò che conta: conoscere se stessi.

La mente condizionata non ci aiuta ad avere più consapevolezza.

Che cosa ci può aiutare a stare più col corpo che con la mente? La meditazione è un “sistema di ancoraggio” della consapevolezza efficacissimo. Vi sono tante tecniche di meditazione, che non sono altro che metodi per far sì che la meditazione accada. Lo scopriamo praticandoli, ciò ci fa entrare nel vivo dell’esperienza dell’ascolto, e ci fa procedere nella “caccia al tesoro” verso noi stessi.

La meditazione è qualcosa che non può essere spiegato: è un’esperienza di ascolto di sé, di connessione con se stessi, di volta in volta diversa, e la si capisce quando la si vive con consapevolezza.

Allora ne potremo assaporare i molteplici benefici, eccone alcuni: sentirsi più rilassati e sereni, maggior equilibrio, un senso di pace e armonia, una mente più chiara e meno fastidiosa, un corpo più tonico e sano, sensi più svegli, ecc….

Tante sono le tecniche di meditazione, tutte hanno in comune elementi come: il disporsi in uno stato di raccoglimento, il dirigere l’attenzione dentro, l’osservazione di ciò che accade dentro, insomma, lo stare presenti, momento per momento, a se stessi. Tutto ciò facilita la nostra consapevolezza.

Una chiave importante è il respiro, che in molte tradizioni spirituali è chiamato  il ponte tra corpo e anima: porre attenzione al respiro ci consente di aprirci un varco dentro, in quanto esso è l’atto involontario più evidente e facilmente osservabile, coinvolge tutto il corpo, e accompagna ogni istante della nostra esistenza terrena, dall’inizio alla fine. Pertanto, stare col respiro, portare consapevolezza al respiro, è un’esperienza unificante, che ci porta integrazione, e che ci predispone naturalmente a cogliere realtà interiori che prima ci sfuggivano: diventiamo più consapevoli di noi stessi, abbiamo maggior consapevolezza.

Molte tecniche di meditazione inoltre coinvolgono il corpo in esercizi attivi aventi lo scopo di smuovere l’energia bloccata e rimetterla in circolo: possiamo così accedere via via alle parti di noi che normalmente non contattiamo, e ampliare e arricchire progressivamente l’esperienza di noi stessi con maggiore consapevolezza.

La meditazione dunque fa evolvere la nostra attenzione, aiutandoci a sviluppare un’attitudine rilassata e vigile verso noi stessi, grazie alla quale ci sarà più facile diventare consapevoli di dove ci troviamo. Un maestro spirituale disse “la meditazione inizia quando finisce”: intendeva dire che, finita la pratica con cui si intende favorire la meditazione, essa può sbocciare spontaneamente come qualità del nostro essere, favorendo la consapevolezza di noi stessi.
Immagine: elephant ears. di brittanyhock, su Flickr

Conosci te stesso: la mappa del tesoro

mappa tesoro

The Most Logical Destination
Bene: abbiamo scelto noi stessi, abbiamo scelto di curarci di noi, di intraprendere un viaggio di consapevolezza per ritrovare noi stessi: il nostro tesoro, il bene più prezioso che abbiamo.

Esiste una mappa in grado di guidarci nella riconquista di noi stessi? Sì, esiste. Questa mappa è scritta nel nostro corpo. E’ impressa in ogni cellula, in una lingua che ci appare sconosciuta, o di cui sembra abbiamo perduto il dizionario. Ne abbiamo perso la consapevolezza. Il corpo reca traccia di ogni istante della nostra storia, sia di questa che di vite passate. E’ un’immensa banca-dati a nostra completa disposizione. A differenza della mente, il corpo non mente mai. Esso rivela la verità in tanti modi: è il veicolo attraverso cui noi sentiamo, ossia percepiamo, e acquistiamo consapevolezza.

Conosci te stesso: come mettere te stesso al centro della tua vita

Conosci te stesso: come mettere te stesso al centro della tua vita

Dopo aver individuato il primo passo nella ricerca spirituale: partire da se stessi per iniziare il cammino di consapevolezza col piede giusto, vediamo ora in che modo la corretta posizione di partenza può essere sviluppata, così da poter sostenere noi stessi nella ricerca, ossia essere i primi facilitatori di sè.

Riconoscere e affermare la propria necessità di evolvere, comincerà a farci attrarre situazioni-stimolo, che ci richiederanno di metterci in gioco: la ricerca è iniziata, le prime sfide si mostrano, e quella più impegnativa di solito è porre se stessi con consapevolezza al centro della propria vita, ossia mantenere la posizione presa all’inizio del percorso.

Mettere se stessi al centro della propria vita può non sembrare facile con la vita di oggigiorno: impegni presi quando avevamo meno consapevolezza, i “sì”  detti senza essere connessi a se stessi, e le problematiche che ne sono derivate, minacciano di farci desistere….

Tuttavia se il nostro è un autentico desiderio del cuore, non ci fermeremo dinnanzi alle difficoltà. Nessun ostacolo sarà rilevante per noi. L’unica domanda cui abbiamo da rispondere con sincerità è: “voglio o non voglio migliorare me stesso?” “voglio o non voglio compiere un cammino di consapevolezza?”. Ecco perché alcune vie spirituali parlano di “guerriero di Luce”: intendono sottolineare qual’è l’attitudine migliore nell’intraprendere la via verso il massimo bene.

Poniamo che alle suddette domande abbia risposto “sì, lo voglio”, ciò che ci attende è continuare a individuare i propri bisogni, che, in relazione al cammino nuovo che stiamo intraprendendo, possono cambiare anche molto velocemente.

Si ridefinisce così la lista delle priorità: “Dato che ora sono io al centro della mia vita, di cosa ho bisogno?”. Se ce ne prendiamo cura, restiamo sbalorditi nello scoprire quanti falsi bisogni siano stati indotti dagli altri: genitori, partners, amici e colleghi, mass media, pubblicità, ecc….

Trascinati dagli altri, o dagli eventi, quanta energia abbiamo diretto fuori da noi stessi, in pensieri, relazioni e attività quotidiane che ad un certo punto sono diventate alienanti e prive di senso?

Molti disagi fisici e psicologici originano da questo: esserci allontanati, senza consapevolezza, da noi stessi, ed aver ingaggiato la nostra energia in cose che non abbiamo scelto consapevolmente, ma spinti da motivazioni inconsce, e quindi prive di valore per noi.

Con lo spirito indomito del guerriero della Luce che vuol conoscere se stesso, che va verso la consapevolezza. Senza esitazione cominciamo allora a lasciar andare tutto ciò che non ci serve: smetto di occuparmi di ciò che non mi riguarda, perchè non è né mio, né me stesso.

E’ l’inizio del recupero della propria energia.

Con la consapevolezza che si tratta della nostra vita, ci sentiamo motivati e pronti a dire “addio” a cose che non ci interessano più, senza per questo giudicarle negativamente. Hanno fatto parte del nostro quotidiano fino a poco tempo prima, il fatto di essere focalizzati su noi stessi ci permette di lasciarle andare con gratitudine e benevolenza. Se scorgo conflitto, vuol dire che la mia consapevolezza, la mia focalizzazione su me stesso è ancora fragile e necessita di essere rinforzata.

“Conosci te stesso” è la via della consapevolezza. “Che cosa c’è in me?” Il bisogno reale è qualcosa che c’è, perchè posso percepire in me la spinta interiore verso qualcosa che mi fa bene, e automaticamente cesso di dare attenzione a ciò che non c’è, che non mi riguarda in prima persona.

Mantenere il contatto con i bisogni reali, ci fa accettare di compiere un passo alla volta, e ci apre a cogliere un senso intrinseco in ciò. Allora la tazza di tè acquista un sapore tutto nuovo, tutto da scoprire.

I grandi viaggi iniziano sempre con i piccoli passi: quello del “conosci te stesso” è un lungo viaggio, infinito, come infinito è l’essere umano, e sono proprio i piccoli passi di ogni momento presente a rendercelo caro, ricco di senso, e degno di essere vissuto con consapevolezza.

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