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Come creare empatia via email

creare empatia

L’idea di scrivere questo articolo mi è venuta stamattina, dopo che aprendo la posta elettronica ho letto la risposta di una docente ad una mia domanda…

Riporto di seguito la mia richiesta e la sua risposta, in modo da poter approfondire in seguito il tema di come poter creare empatia via e-mail.

 

Domanda

 Gentile Prof.ssa XXX,

per la verbalizzazione dell’esame del 23 aprile, posso presentarmi all’appello d’esame successivo? del 4 giugno alle ore 11.00 ?? Grazie e una buona giornata,

Laura Pagano matricola: XXX

 

 

Risposta

 

Certo

 

Ovviamente non ci interessa approfondire il contenuto della mail, quanto la forma in cui si presenta. Forma che contribuisce a “dare forma” alla comunicazione stessa.

 

Senza dare un giudizio di valore in merito, si può dire che la docente non è entrata “virtualmente” in empatia con me, in quanto non ha “ricalcato” le mie modalità comunicative. La mia e-mail all’inizio infatti si apre con un saluto, a cui segue una richiesta e infine un congedo. La sua risposta di conferma alla mia domanda invece, per quanto immediata, non rende fluida la comunicazione; al contrario, tende a provocare una chiusura nella sua forma telegrafica e riduttiva.

 

I consigli della PNL per creare empatia 

Ovviamente dipende anche da cosa vogliamo; può anche darsi che né a me né al mio interlocutore interessi entrare in empatia. Nel caso in cui invece ci interessi coltivare la relazione anche attraverso la comunicazione scritta, (considerando che oggigiorno gran parte della nostra comunicazione avviene tramite e-mail, sms, via chat etc…)  può essere utile appropriarci di alcune tecniche proposte dalla Programmazione Neuro Linguistica (PNL).

La PNL infatti consiglia che, per entrare in empatia con una persona, nello specifico “per creare rapport”  è possibile procedere a “ricalco”. Con questo termine si indica la possibilità di entrare in empatia attraverso il ricalco della persona con la quale interagiamo, sia esso un ricalco fisico, verbale o paraverbale. Ovviamente non dobbiamo copiare il nostro interlocutore, non sarebbe corretto né elegante. Quello che ci interessa è semplicemente ricalcare le sue modalità comunicative, eventualmente recuperando qualche parola del lessico che la persona utilizza prevalentemente nel suo esporre.

Tornando all’esempio che ho riportato all’inizio, nell’ambito del ricalco via e-mail, una risposta adeguata con l’intenzione di creare empatia, poteva essere ad esempio:

 

Gentile Laura Pagano,

le confermo che per la verbalizzazione dell’esame del 23 aprile può  presentarsi il 4 giugno alle ore 11.00.

Grazie e buona serata,

XXX

 

Come cambia la comunicazione? Non appare più fluida e orientata alla persona e alla sua richiesta? Sono solo piccoli accorgimenti che però ci possono aiutare ad affinare le relazioni virtuali che coltiviamo quotidianamente, sia informali che sul lavoro.

Nello specifico, nella “risposta modello” ho riproposto parte del lessico che ho utilizzato nella mia domanda, rispettando la struttura della mail ( saluto, richiesta, congedo).

 

Le regole per creare empatia via email

In generale, per entrare in empatia via e-mail possiamo:

 

–         prestare attenzione al linguaggio del nostro interlocutore, cogliendo le parole chiave e/o ricorrenti nel suo esporre;

 

–         recuperare le ultime parole che ha scritto la persona che si intende ricalcare, iniziando così il discorso. Ad esempio, se il nostro interlocutore si congeda con un “P.S: ricordati di portarmi la chiavetta USB quando ci vediamo”, può essere utile iniziare la nostra mail recuperando le sue ultime parole: “Ciao Marco, certo mi ricordo della chiavetta. Mi confermi che ci vediamo Martedì?”;

–         prestare attenzione all’uso sistematico e inconsapevole delle c.d “parole killer”, che tendono a chiudere la comunicazione, in qualità di avversativi: ma, però, tuttavia, no, non, perché. Se è possibile, ridurre l’uso delle parole killer a favore delle “parole salvezza”, come ad esempio: e ( indica continuità, crea una base per poter lavorare insieme), anche se, come mai? ( al posto di perché), per quale ragione/motivo? ;

–         Valorizzare l’uso delle “parole magiche”: ancora, adesso. Se ad esempio vogliamo consolare una persona che così ci scrive per e-mail: Non ce la faccio…  Possiamo provare ad aiutarla ricalcando le sue parole, con l’uso consapevole delle parole magiche, come ad esempio: Non ce la fai, adesso!! Le parole “adesso” e “ancora” aprono infatti una possibilità all’inconscio, sono come delle chiavi di accesso per aprire gli orizzonti delle possibilità/potenzialità ;

–         Utilizzare consapevolmente l’uso degli ausiliari essere e avere. L’uso dell’essere infatti implica un radicamento nell’identità (es: sono un malato di tumore) mentre l’uso dell’avere pone l’accento sull’oggetto e non sul soggetto, presuppone quindi una presa di distanza da ciò che ci coinvolge (es: ho una malattia tumorale) prospettando l’apertura al cambiamento e quindi a nuove possibilità (ora ho una malattia tumorale, un domani posso guarire) ;

–         Ricalcare direttamente le parole usate dal nostro interlocutore (ma sempre con cortesia ed eleganza!). Ad esempio, in risposta ad un nessuno mi ama…  possiamo rispondere con Nessuno nessuno??? Oppure: Ho bisogno di aiuto… Che tipo di aiuto? In che cosa posso aiutarTI?? Alle provocazione del Lei non sa chi sono io possiamo replicare dicendo No non lo so, lei chi è? e quando per sms ci rimproverano che Ovviamente sei in ritardo possiamo replicare con un Cosa intendi per ovviamente??

–         Congedarci con l’espressione Tutto il meglio… scrivendo il “tu” di “tutto” in maiuscolo, questo perché l’inconscio traduce la forza del TUtto e invia un messaggio positivo all’interlocutore.

 

Ora che abbiamo questi strumenti, basta solo applicarli! E vediamo che ripercussioni hanno i nostri accorgimenti nelle nostre comunicazioni scritte!

Sistemi rappresentazionali (VAK in PNL) e submodalità: visivo, auditivo, cinestetico

vak

In questo articolo vi spiegherò il sistema rappresentazionale nelle sue tre categorie: visivo, auditivo, cinestesico. Partiremo dalle origini di questo studio per arrivare a capire come utilizzare e approfondire il tema con alcuni libri.

Quando è stato individuato il sistema rappresentazionale?

Richard Bandler e John Grinder, fondatori della PNL, studiando Virginia Satir, una luminare psicoterapeuta famigliare degli anni ’70, si accorsero che la straordinaria capacità della Satir di risolvere anche i casi più difficili era in gran parte dovuta alla sua comunicazione. La Satir si rivolgeva in modo diverso in base alla persona che aveva di fronte. Era cioè in grado di comprendere il sistema rappresentazionale del suo cliente e di comunicare con lui esattamente in quel modo. Per sistema rappresentazionale si intende il modo in cui vengono processate le informazioni dalla mente. Sono sostanzialmente cinque, corrispondenti ai cinque sensi, visivo, olfattivo, tattile, auditivo, gustativo. In pnl tre sensi, ovvero olfattivo, tattile e gustativo, diventano un’unica categoria: cinestesico.

Vengono quindi presentati i tre sistemi rappresentazionali come segue:
V= VISIVO
A= AUDITIVO
K= CINESTESICO

Ad ogni persona il suo sistema rappresentazionale

Ogni persona predilige un sistema o una combinazione dei tre sistemi rappresentazionali nella propria comunicazione e in un dato momento. La comunicazione è agevolata quando i comunicanti utilizzano lo stesso sistema rappresentazionale. A quest’ultimo è associato un modo di esprimersi con il corpo che è specifico per ogni modalità. Ti spiego di seguito i tre sistemi.

 

Persona che utilizza un sistema rappresentazionale visivo

La persona visiva parla in modo veloce (perché le immagini scorrono velocissime nella sua mente), respirazione superficiale, muove molto il corpo, specie le mani e le braccia, con le quali indica e descrive inconsciamente quello che sta vedendo, muove spesso gli occhi verso l’alto ed in direzione delle immagini che vede.

 

Persona che utilizza un sistema rappresentazionale auditivo

La persona auditiva utilizza il tono di voce come mezzo di espressione, per dare sostegno alle parole, con ritmo e musicalità, la respirazione è un po’ meno superficiale, il corpo si muove di meno, spesso assume la “posizione del telefono” (con la mano appoggiata all’orecchio), la testa è inclinata per agevolare l’ascolto, gli occhi si muovono sul piano dell’orizzonte.

 

Persona che utilizza un sistema rappresentazionale cinestesico

Nella persona cinestetica le parole escono lentamente, la respirazione è profonda, il tono di voce basso, il movimento è lento, la persona è impegnata a vivere le sensazioni.

 

Ci sono anche parole specifiche che vengono utilizzate, ad esempio espressioni “visive” sono:
“”ti immagini come potrebbe essere…”
“La situazione non è chiara
“Vede tutto nero
“E’ una persona limpida
“La situazione è cristallina
Altre espressioni indicano un accesso auditivo:
“Cosa ne dici se…”
Senti, ti posso raccontare…”
“Mi chiedevo se…”
“Il progetto non mi suona bene”
O cinestesico:
“Il gol negato alla squadra pesa moltissimo”
“Sto vivendo un momento duro

Le persone quando parlano raccontano esattamente “alla lettera” quello che stanno facendo con il loro cervello. Se una persona dice: “vedremo questo aspetto la prossima settimana”, sta catalogando un immagine all’interno di una linea temporale immaginaria all’interno della sua mente. La posizione in cui si trova quell’immagine determina il giorno in cui verrà presa in esame. Se una persona dice “non vedo soluzioni”, sta dicendo “non trovo nessuna immagine che raffiguri una soluzione”. E’ importante aiutare quella persona a crearsi quell’immagine.

 

Submodalità e sistemi rappresentazionali

Ora, le immagini possono avere diverse caratteristiche; possono essere grandi, piccole, sfuocate, a fuoco, incorniciate, senza cornice, vicine, lontane, a colori, in bianco e nero, statiche, in movimento,luminose, scure, eccetera. Queste caratteristiche si chiamano submbodalità. La differenza tra un bel ricordo e un brutto ricordo? Il bel ricordo è spesso a colori, luminoso, grande. Il brutto ricordo è spesso in bianco e nero e scuro. Il processo naturale che un essere umano utilizza per trasformare un bel ricordo in brutto ricordo e viceversa è quello di modificare le submodalità del ricordo. E’ un processo inconscio, che può essere portato “a galla” e utilizzato consciamente. Ovviamente le submodalità valgono anche per i sistemi rappresentazionali auditivi e cinestesici.

  • Submodalità auditive: volume, tono, ritmo, musicalità, distanza, eccetera.
  • Submodalità cinestesiche: temperatura, intensità, durata, tensione, eccetera.

Le submodalità sono responsabili dello stato d’animo, quindi delle scelte e dei risultati di ogni persona. Un altro modo di dire la cosa sarebbe quella di dire che il modo in cui un essere umano percepisce il mondo e il suo mondo interiore determina il suo successo e la felicità. Se è vero che la mappa non è il territorio,  e che quindi l’uomo non è in grado di agire nella realtà, ma sono nella interpretazione della realtà, le submodalità sono un tassello fondamentale nella mappa di una persona.

 

Seguimi su Ecletticamente e nel prossimo articolo vedremo esempi ed esercizi per utilizzare questo efficace strumento di pnl.

Se vuoi approfondire la PNL di Richard Bandler ti consiglio anche questo articolo: https://ecletticamente.com/persone-di-successo/la-pnl-di-richard-bandler

 

I migliori libri di PNL sui sistemi rappresentazionali di Richard Bandler

Le tre letture che hanno contribuito di più a formare lo staff di Ecletticamente sui temi della PNL e dei sistemi rappresentazionali VAK sono:

Buona lettura!

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Come si fa un ancoraggio con la PNL

Come si fa un ancoraggio con la PNL

L’ancoraggio nella PNL risulta un semplice e potente strumento che consente di superare momenti negativi, migliorare le proprie prestazioni, catturare l’attenzione degli ascoltatori, ma anche massimizzare la propria produttività.

L’àncora in PNL si può riferire a situazioni positive o negative ed è importante risalire a quella sensazione o emozione originale che può permettere di controllare al meglio le nostre reazioni e azioni.

In tal modo possiamo riuscire a trasformare un momento di difficoltà in un’occasione per sentirci più forti, o almeno trovare coraggio e appoggio in quei piccoli e semplici gesti che ci rimandano ad un piacevole evento del passato.

Nella PNL, l’ancoraggio viene definito come quel processo di associazione ad una sensazione fisica ad una risposta interna.

Sfruttando quindi uno stimolo sensoriale memorizzato si può avere un cambiamento dello stato d’animo.

Le esperienze pertanto vengono rappresentate dalle informazioni dei sensi e, ogni volta che viene reintrodotta una parte qualsiasi di una data esperienza, questa diventa un’àncora che dà l’accesso ad altre parti dell’esperienza stessa.

Grazie all’utilizzo dell’ancoraggio in PNL, si può associare ad un gesto una specifica emozione che vogliamo provare, in tal modo, quando vorremo riprovare quel particolare stato d’animo, ci basterà compiere il gesto che abbiamo associato.

Come nasce l’ancoraggio PNL

Lo psicologo Ivan Pavlov, agli inizi del Novecento fece un esperimento, studiando il comportamento degli animali, e riscontrava che, di fronte ad un suo gesto ripetuto nel tempo, questo provocava negli animali sempre lo stesso tipo di reazione.

Per capire come si forma un ancoraggio, basta ad esempio ricordare quante volte abbiamo ascoltato una canzone e dalle sue prime note averla associata a qualche persona o situazione particolare.

Ogni volta che la riascolteremo proveremo quella specifica sensazione, o nel voler provare quest’ultima, basterà semplicemente ascoltare quella specifica canzone.

Quando una persona si trova in uno stato emozionale intenso, se a questo stato viene applicato uno stimolo, si creerà una neuro-associazione tra l’emozione e lo stimolo.

Così nel voler provare in futuro quella stessa emozione, è necessario soltanto riattivare lo stimolo.

Come creare l’ancoraggio

Le tecniche di ancoraggio PNL sono semplici da imparare e si possono adottare a tutte le circostanze.

Ci sono infatti alcuni passaggi fondamentali da seguire per applicare la tecnica dell’ancoraggio:

  1. Scegliere lo stato d’animo che si vuole ancorare (ad esempio volersi sentire motivato, rilassato o provare una sensazione di sicurezza);
  2. Tornare con la mente a quel momento in cui abbiamo provato quella specifica sensazione che stiamo ricercando, rivivendola con forte intensità;
  3. Nel momento più intenso bisogna associare questa sensazione ad un gesto (come ad esempio chiudere una mano o unire due dita) così che ogni volta che vorremo provare quella sensazione, basterà ripetere quel gesto che abbiamo scelto.

Per creare un ancoraggio in PNL che risulti efficace serve:

  • Uno stato d’animo intenso e quindi un picco emotivo; il gesto scelto deve essere ripetuto solo nei momenti di maggiore coinvolgimento
  • Unicità dello stimolo: cioè non scegliere gesti che ripetiamo spesso durante la giornata
  • Ripetizione e condizionamento: vale a dire che più ripetiamo il gesto e più l’ancoraggio diventa forte.

Passare da uno stato emotivo negativo ad uno statopositivo

Le tecniche di ancoraggio della PNL ci consentono di passare da uno stato iniziale ad uno invece che desideriamo.

Quando si parla di stato attuale si intende il punto di partenza, ovvero la situazione in cui ci troviamo: in tutto questo possono essere determinanti fattori quali ambiente, salute, fisico, lavoro, soddisfazione personale, vita sentimentale, famiglia etc.

Lo stato desiderato invece è il punto di arrivo, quindi rappresenta un desiderio realizzato, il cambiamento di una situazione o la modifica di un comportamento.

Ogni esperienza infatti si traduce in rappresentazioni interne grazie alla nostra percezione sensoriale: cosi associando quelle sensazioni ad un gesto unico, si può creare un’esperienza che nel riprodurla in momenti successivi permette:

  • Di visualizzare una situazione complessa e trovare il modo giusto per affrontarla
  • Visualizzare una nuova situazione intesa come obiettivo, in modo tale che il cervello abbia una guida chiara da seguire.

In ultima analisi bisogna chiarire che l’ancoraggio può generarsi naturalmente, oppure essere creato in maniera artificiale, cioè apposita, come negli esempi visti precedentemente.

Sono infatti gli stimoli a scatenare uno stato fisiologico, emozionale o un comportamento: questi possono essere visivi, sonori, olfattivi, tattili o gustativi.

Per approfondire:

 

I nostri sogni: obiettivi a tempo determinato

sogni

occhio

La nostra cultura dominante tende a disincentivare i sogni delle persone, in quanto portatori di una forte carica evocativa e generativa. Il sogno infatti permette all’Uomo di concepire, ancora prima che si realizzi, l’Idea stessa del sogno, contribuendo quindi alla sua definizione e alla ricerca delle strategie migliori per poterlo realizzare. In questo senso si può parlare del conseguimento di un sogno come di un obiettivo a tempo determinato.

 

Ovviamente tutto questo risulta fortemente ostico alla nostra Società, che preferirebbe avere delle vittime da governare, persone cioè incapaci ( per non abitudine o per paura) di creare materialmente con i loro pensieri e con le loro azioni, la vita che desiderano. Le vittime, o comunque quelle persone che vivono e riproducono una condizione di vittimismo perenne, in un certo senso contribuiscono a fare il gioco di questa Società, perché attendono sempre che ci sia qualcun altro a pianificare la vita per loro (i genitori, il compagno/a, etc…), vita di cui puntualmente si lamenteranno, producendo di fatto la c.d cultura della lamentela, tanto cara alla nostra Società ( sempre per governarci meglio…).

Implicitamente dall’esterno arriva questo tipo di messaggio: “Sogna chi è sciocco o infantile”… Peccato che la Storia l’abbiano sempre scritta grandi sognatori… si pensi ai filosofi del ‘700 che con le loro idee rivoluzionarie sull’Uomo ( penso a Voltaire, Diderot, Rousseau etc…) hanno posto le basi per le future Costituzioni e Dichiarazioni dei diritti dell’Uomo, dalla fine del settecento in poi…

Anche se non siamo dei filosofi e la nostra intenzione non è, almeno per il momento, quella di riscrivere la Storia, possiamo ugualmente esercitare il più naturale e istintivo dei diritti, cioè quello di sognare in grande, di concepire una realtà migliore rispetto a quella in cui ci troviamo a vivere. A prescindere dalla crisi e dalle storture dell’età presente.

Possiamo cominciare da obiettivi molto semplici. E’ importante in questo senso definire ciò che vogliamo, non ciò che non vogliamo. Per fare questo è prioritario stabilire prima il nostro obiettivo e procedere alla sua formulazione, ricordando che un obiettivo andrà:

1- Formulato in positivo: come insegna la PNL, il nostro cervello è letterale, non analizza e non ha il senso dell’umorismo, per questo motivo se formulo positivamente ciò che mi sono prefissato di conseguire, sarà molto più facile che si realizzi. Ad esempio, se mi pongo come obiettivo di Non ingrassare più, il nostro cervello non registra il non, anzi, al nostro inconscio verrà data proprio l’indicazione contraria, cioè di ingrassare. Per questo motivo è importante definire il nostro obiettivo in positivo, e cioè: Voglio perdere peso!

2- Sotto il nostro controllo: come già detto, essendo noi gli unici responsabili e creatori della nostra vita, siamo anche consapevoli del fatto che tutto ciò che legittimiamo con i nostri pensieri e con le nostre azioni, è sempre sotto il nostro controllo. Se a volte ci capita di perderlo, è perché non siamo veramente in ascolto con noi stessi e con ciò che vogliamo realizzare davvero per noi. In questo senso si dice che non abbiamo ancora formulato un obiettivo chiaro e definito, e che siamo ancora in balia delle circostanze esterne. Se il nostro obiettivo è Voglio perdere peso non possiamo arrabbiarci se il nostro frigo pullula di gelati ( considerando che magari viviamo da soli, e siamo gli unici a fare la spesa!).

3- Sensorialmente orientato: la PNL ci insegna che facciamo conoscenza del mondo attraverso i nostri cinque sensi, che contribuiscono a formare la nostra percezione. E’ importante sapere qual è la nostra modalità percettiva dominante con la quale processiamo il mondo ( visiva? uditiva? cinestetica?) e da lì partire chiedendoci cosa vediamo, cosa ascoltiamo, cosa percepiamo quando formuliamo il nostro obiettivo.

Se apparteniamo alla categoria dei Visivi, sarà importante vederci già con un fisico asciutto, ancor prima di aver perso dei chili, perché come ci insegna la psicologia, più pensiamo alla realizzazione di qualcosa, più è facile che si avveri (c.d profezia che si auto-avvera). Se invece mi riconosco negli Uditivi, sarò sensorialmente orientato/a quando  udirò nelle mie orecchie le tenere parole del mio compagno/a, ad esempio. Infine, se appartengo alla categoria dei cinestetici, posso contribuire a rafforzare il mio obiettivo, percependo sin da ora le sensazioni che proverò quando avrò perso peso. Ad esempio: maggior benessere psico-fisico, incremento dell’autostima etc…

In generale, a prescindere dalla nostra modalità percettiva dominante, è importante calibrarci in tutti e tre i livelli per vedere, udire e percepire già l’obiettivo che intendiamo realizzare.

4– Ecologico: il nostro obiettivo dovrà essere ecologico, cioè rispettoso del nostro sistema di valori interno e di quello degli altri. Questo perché in qualità di esseri bio-psico-sociali non siamo mai avulsi dal contesto in cui viviamo, ma sempre soggetti interagenti, alla luce della prospettiva sistemico-relazionale. Se vogliamo perdere peso chiediamoci se questo obiettivo è allineato con i nostri valori: magari a parole vogliamo perdere peso ma nella nostra scala interna di valori non abbiamo “condiviso” questo obiettivo perché per farlo ci occorrerebbe dedicare il poco tempo libero che abbiamo dopo il lavoro per andare in palestra, ma così facendo non avremmo tempo da dedicare a nostro figlio, che non vediamo da tutto il giorno, e consideriamo molto più importante della nostra pancetta da smaltire… è quindi molto importante allineare il vostro obiettivo con la nostra scala interna di valori, rispettando il nostro sistema ecologico.

5- Misurabile: per realizzare il nostro obiettivo è necessario definirlo in termini misurabili, cioè circoscriverlo entro un periodo ben definito, verificandone la sua effettiva fattibilità. Se vogliamo perdere peso dobbiamo stabilire una scadenza, cioè entro quando vogliamo perdere tot kg. Se glissiamo proprio su questo punto, sarà molto difficile realizzare il nostro obiettivo, perché il nostro cervello se non ha davanti indicazioni precise difficilmente contribuirà a farci realizzare ciò che vogliamo!

Il mio consiglio è quello di scrivere il nostro obiettivo su più fogli che attaccheremo per tutta la casa: possiamo attaccare il nostro obiettivo davanti allo specchio dove ci pettiniamo tutte le mattine, oppure sull’anta dell’armadio ( io faccio così!), o nel frigorifero in cucina … se per lavoro ci troviamo spesso ad usare la macchina, può essere utile posizionare un post-it anche sul cruscotto! Io personalmente conservo un sasso (in macchina) su cui è scritto: “Una profonda felicità risiede negli sforzi tenaci”… così quando me lo dimentico, c’è sempre questo sasso pronto a ricordarmelo!

A fianco dei nostri obiettivi dobbiamo sempre indicare la data di scadenza. Se voglio perdere peso possiamo darci un tempo limite da oggi a tre mesi ( per esperienza personale è il tempo minimo per vedere dei risultati concreti!), indicando per esteso la scadenza. Se ad esempio ci iscriviamo in palestra dal 1 luglio, sappiamo che per realizzare il nostro obiettivo in modo sano e duraturo, dobbiamo aspettare almeno fino al 1 ottobre.

6- Contestualizzato: come indicato dalla prospettiva sistemico-relazionale, sarà più facile realizzare il nostro obiettivo quando stabiliremo precisamente quando? dove? Come? E con chi??

Se voglio perdere peso posso pianificare il mio inconscio fornendogli indicazioni precise rispetto a quando frequentare la palestra ( es. per tre volte alla settimana, il lunedì, il mercoledì e il venerdì). Per il dove posso scegliere in quale palestra o in quale centro specializzato per il dimagrimento, verificando il rapporto qualità-prezzo; in base al come posso farmi stilare un programma ad hoc a cui attenermi per dimagrire, così come a quale dieta far riferimento ( in caso meglio non improvvisarsi esperti ma affidarsi ad un professionista, come un dietologo o un nutrizionista); rispetto al con chi, posso decidere di condividere il mio obiettivo con un amica, una collega, o decidere di cominciare da sola, così da ampliare le mie conoscenze in sala pesi : )

7- Declinato in sotto obiettivi: è molto importante stabilire le strategie operative necessarie per realizzare il nostro obiettivo, cioè tutti gli step necessari per poterlo conseguire entro la scadenza che ci siamo prefissati.

Nel caso del voglio perdere peso possiamo fare riferimento al quando, dove, come e con chi e scomporre ciascuna voce in quello che è importante stabilire per conseguire al meglio il nostro obiettivo, a partire da quella voce.
Ad esempio alla voce quando, possiamo porci il sotto-obiettivo di frequentare la palestra per tre volte alla settimana, il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 18.00 alle 20.00. In quel lasso di tempo possiamo decidere poi come declinare il come, cioè in che modo perseguire il nostro obiettivo alla luce della scheda che ci è stata assegnata dal trainer. Possiamo applicare la stessa cosa per il dove ( verificando il rapporto qualità/prezzo delle palestre o dei centri specializzati in cui abitiamo) e per il con chi, condividere il nostro obiettivo con quelle persone che riteniamo possano aiutarci maggiormente a conseguirlo… se la mia migliore amica ad esempio è una pigrona certo non la coinvolgerò nel mio obiettivo!

Ricapitolando, per vedere realizzati i nostri sogni, cioè i nostri obiettivi a tempo determinato, dobbiamo stabilire il nostro obiettivo e procedere alla sua formulazione, ricordandoci di renderlo:

1- in positivo

2- sotto il nostro controllo

3- sensorialmente orientato

4- Ecologico

5- Misurabile

6- Contestualizzato

7- Declinato in sotto obiettivi
Immagine: occhio di yakanama, su Flickr

Quattro domande per conoscere la PNL

Quattro domande per conoscere la PNL

Quattro domande per conoscere la PNL…

Della Programmazione Neuro Linguistica (PNL) si parla sempre tanto e a volte anche a sproposito, considerandola troppo spesso solo come la “disciplina della persuasione” senza porre l’accento sulle sue potenzialità nella gestione della comunicazione stessa, a cominciare dalla comunicazione con noi stessi e con gli altri…

 

Detto questo…

 

1) Cosa si intende con l’acronimo di PNL??

P = Programmazione: verte tutto ciò che facciamo, e in generale i nostri comportamenti, ricordandoci che ogni ambiente con il quale entriamo in contatto ha dei propri codici di comportamento (es. la famiglia, la scuola, il lavoro, il gruppo di amici etc…). Ovviamente il comportamento che avremo in casa, di familiarità e intimità con la nostra compagna/o ad esempio, sarà ben diverso dal comportamento che avremo sul lavoro, in cui in genere si richiede una certa adesione al ruolo ( in proposito rimando alla lettura del mio libro, il Manuale del Giovane Precario. Esperienze personali e consigli utili) e un comportamento conforme alla mission del nostro impiego ( il comportamento richiesto sul lavoro ad un animatore turistico sarà senz’altro molto diverso rispetto a quello richiesto ad un operatore di pompe funebri!)

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